
Il carnevale veneziano: un evento unico al mondo che, anno dopo anno, rinnova la sua magia. Durante il periodo dei festeggiamenti, le pasticcerie della Città dei Dogi preparano le ‘frittelle’: assaggiamo queste dolci specialità, ricche di storia e tradizione, circondati da musiche festose e splendide maschere.


La storia delle frittelle veneziane.

E’ pressocchè impossibile stabilire con certezza la data di nascita della frittella. Come spesso capita quando si ha a che fare con specialità tipiche della penisola italiana, alcuni studiosi fanno risalire le sue origini all’epoca di Roma antica (*1).
Sembrerebbe esistere un documento del Trecento (*2) che descrive un dolce abbastanza simile.
Una delle prime testimonianze certe risale al periodo rinascimentale ed è contenuta nel trattato di cucina (*3) realizzato da Bartolomeo Scappi, ‘maestro nell’arte del cucinare’, cuoco dei Papi Pio IV e Pio V. In quest’opera monumentale, lo Scappi illustra le ricette di diversi tipi di frittelle, dolci e salate, tra le quali la ‘frittella alla venetiana’.
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Note:
*1: Questi studiosi fanno riferimento ai ‘globulos’, consumati nel periodo dei Saturnali e descritti più approfonditamente in un altro paragrafo dell’articolo.
*2: Si tratta di un codice citato spesso, la cui veridicità va comprovata. Sarebbe ancora oggi conservato presso la Biblioteca Casanatense di Roma.
*3: ‘Opera di M. Bartolomeo Scappi, cuoco secreto di Papa Pio V’, 1570.

I ‘fritoleri’: gli antichi artigiani delle frittelle di carnevale a Venezia.

I ‘fritoleri’ erano coloro che un tempo, a Venezia, cucinavano e vendevano le frittelle, conosciute nel dialetto locale come ‘fritole’ o ‘fritoe’. Questi singolari personaggi erano facilmente riconoscibili grazie all’ampio grembiule che erano soliti indossare e a un vasetto colmo di zucchero (*1) che agitavano con colorata gestualità per attirare l’attenzione dei passanti. Il loro ‘posto di lavoro’ era infatti la strada: alcuni erano ambulanti, mentre i più ricchi disponevano di baracche rettangolari che ospitavano al loro interno gli ‘strumenti del mestiere’, tra i quali grandi tavole di legno ed ampie padelle. La parte anteriore di queste baracche era utilizzata per mettere in mostra le squisite preparazioni: le fritole, una volta pronte, venivano sistemate con cura all’interno di piatti in metallo riccamente decorati (*2), circondati una una selezione degli ingredienti utilizzati (*3). Esporre questi ingredienti aveva uno scopo coreografico e permetteva al contempo di mostrarne ai clienti l’effettiva qualità.
I fritoleri andavano molto fieri della loro opera, tanto da esporre il proprio nome su un’insegna, così da essere meglio identificati. Nel 1619, per salvaguardare la loro arte (ed i loro affari), arrivarono a costituire una vera e propria corporazione: in questo modo, a ciascuno dei 70 membri, venne garantita una specifica zona in cui esercitare il mestiere ed il diritto di tramandare la professione (e le relative prerogative) ai propri figli.
Quella dei fritoleri fu un’istituzione decisamente fortunata, tanto da rimanere in attività per più di duecento anni (*4) ed essere celebrata in numerose opere di artisti famosi.
Note:
*1: L’uso dello zucchero da parte dei fritoleri è un dettaglio non trascurabile, al quale è dedicato un apposito paragrafo di questo articolo.
*2: Informazioni tratte dal libro ‘Scene di Venezia : Municipali suoi costumi’ di Pietro Gasparo Moro (1841).
*3: Gli ingredienti utilizzati erano farina, uova, pinoli, uvetta e cedro candito.
*4: Fino alla fine del XIX Secolo.

‘Globulos’, gli antenati delle frittelle veneziane.

I ‘globulos’ sono spesso considerati i veri antenati delle frittelle. Erano preparati nell’antica Roma durante la celebrazione dei ‘Saturnalia’, mescolando semola di grano duro e formaggio. Grazie a questo impasto, si realizzavano bocconcini di forma sferica che venivano cotti nel grasso e conditi con miele e semi di papavero.
Si può trovare una descrizione accurata della loro ricetta nel ‘De Agri cultura’, una delle opere più famose di Marco Porcio Catone, intellettuale, politico e generale romano.

Le frittelle veneziane ripiene.

Sebbene, come già ampiamente illustrato in questo articolo, le ‘fritole’ veneziane originali non prevedano un’imbottitura, da parecchi anni ne esiste una variante farcita che, per questo motivo, andrebbe forse più propriamente chiamata ‘frittella ripiena’. Tale ripieno, il più delle volte, consiste in crema pasticciera o allo zabaione.
Le pasticcerie ed i fornai in cui, quasi per caso, ci si imbatte passeggiando tra le calli durante il Carnevale, sembrano gareggiare tra loro nel riempire quanto più possibile questa squisita specialità dolciaria.


Zucchero per le ‘fritole’, le frittelle veneziane.

Come già accennato in un altro paragrafo di questo articolo, uno degli elementi che rendevano facilmente riconoscibili i ‘fritoleri’, vale a dire gli ‘artisti’ delle fritole, era l’uso disinvolto di un vasetto per spargere lo zucchero sulle loro squisite preparazioni. Tale disinvoltura, sebbene al giorno d’oggi può apparire scontata, una volta non lo era affatto: lo zucchero fu infatti per molti secoli merce rara. Una spezia preziosa, in quanto doveva essere importata da terre lontane e per questo motivo impiegata come dolcificante solo dalle classi più abbienti. La gente comune doveva accontentarsi di usare il miele, stando comunque attenta a non esagerare nei quantitavi.
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Nota:
*1: Lo zucchero ‘candioto’ (perchè prodotto a Candia), veniva impiegato nella produzione dei ‘candii’, il prodotto che oggi, non a caso, conosciamo come ‘canditi’.

Le ‘castagnole’.

Parlando dei dolci del carnevale veneziano, è importante dedicare almeno un cenno alle ‘castagnole’ (*1), vale a dire le ‘sorelline minori’ delle fritole. Questo perchè, pur avendo una maggiore consistenza, sono in genere di dimensioni inferiori. Per prepararle è utilizzato un impasto di farina, uova, burro e zucchero (*2), da cui vengono ricavate piccole palline che andranno fritte nell’olio (*3) e guarnite con lo zucchero.
Note:
*1: Le castagnole sono preparate anche in altre zone d’Italia, dove sono conosciute anche col nome di ‘fave’ o ‘favette’.
*2: In genere non è previsto un ripieno.
*3: Ne esiste una variante, più dietetica ma meno saporita, cotta al forno.

Il carnevale veneziano e i suoi dolci tipici.

Il ‘carnevale’ è una festa che affonda le proprie radici in un lontano passato: alcuni studiosi fanno risalire le sue origini a tempi antichissimi, ancor prima dei ‘Saturnali’ romani e delle ‘Dionisiache’ greche, eventi sotto molti aspetti assai simili. Ciò che accomuna tutte queste celebrazioni è uno spirito di rinnovamento che torna ad accendersi all’inizio di ogni anno. Rinnovamento che si traduce in una temporanea sospensione delle regole in favore del caos, ritenuto forza generatrice per eccellenza.
Una sorta di ‘benefico disordine’ dunque, che il carnevale mette in scena come in una rappresentazione teatrale, permettendo eccessi normalmente vietati e un temporaneo sovvertimento dell’ordine sociale, grazie al quale, per alcuni giorni al povero è permesso ‘vestirsi’ da ricco e viceversa (*1).
Come è facile capire, le maschere hanno un ruolo fondamentale in questo grande gioco. Tra le più belle, quelle di Venezia, nelle quali cultura, fantasia e colori si fondono mirabilmente, anche grazie alla maestria di abilissimi artigiani.
Il carnevale è festeggiato in città fin dal 1094 (*2), risplendendo di particolare fascino grazie alla struggente bellezza dei suoi luoghi, ai suoi profumi e ai suoi sapori. Profumi e sapori che si possono trovare, ad esempio, in particolari specialità dolciarie, preparate solo nel corso di questa festività: le ‘frittelle’ (‘fritole’ o ‘fritoe’) e i ‘galani’.
Note:
*1: Queste libertà concesse al popolo, pur soggette ad un attento controllo, avevano un tempo l’indubbio vantaggio di rappresentare una ‘valvola di sfogo’ delle tensioni sociali.
*2: La prima testimonianza relativa al carnevale veneziano è contenuta in un documento del 1094 redatto dal famoso Doge Vitale Falier.

Venezia, la città delle frittelle.
Le frittelle sono preparate a Venezia nel corso del carnevale. Questa città può vantare una storia antichissima e si trova nella regione Veneto.

LA PASTICCERIA PIU’ TRADIZIONALE
E’ difficile individuare con certezza la più antica pasticceria veneziana specializzata nella preparazione delle Frittelle. Fino a quando non l’avremo trovata, si prega di fare riferimento al seguente elenco che include alcuni tra i locali più tradizionali.
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Sestiere San Polo 1415 Campiello dei Meloni – 30125 Venezia
Tel. +39 041 522 3835

San Marco 950 – 30124 Venezia
Tel. +39 041 521 0544

Carnevale: etimologia della parola.
Diverse sono le ipotesi in merito alle origini della parola ‘carnevale’. Quella più accreditata, la farebbe derivare dalla sintesi di due termini latini, vale a dire ‘carnem’ (carne) e ‘levare’ (togliere), che indicherebbero l’abitudine di iniziare un periodo di astinenza dal consumo della carne subito dopo il ‘Martedì Grasso’, ovvero il giorno di chiusura della festività.

SOLO LE SPECIALITA’ PIU’ TIPICHE E TRADIZIONALI

Frittelle veneziane, quando si vendono?
La commercializzazione delle ‘fritole’ dovrebbe, almeno teoricamente, iniziare il giorno dopo l’Epifania e terminare con il ‘Martedì Grasso’. Una regola non obbligatoria, legata più che altro alla tradizione, che attualmente viene spesso disattesa.

Venezia, Vivaldi e il carnevale.
Musica di Vivaldi per accompagnare una passeggiata tra le calli veneziane, magari degustando una squisita ‘fritoea’:
Nota: registrarsi a Spotify così da poter ascoltare i brani per intero.

Preparazione delle frittelle veneziane in video.
Di seguito un breve video illustra le fasi di preparazione delle ‘fritole’:

Frittelle veneziane … col buco.
O, come si direbbe in dialetto, “e fritoe venessiane col buso”.
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*1: Un sottile spiedo che alcune fonti indicano consistesse in una canna di bambù.

Le ‘frittelle a vento’ di Messisbugo.
1549, viene pubblicato un libro di ricette dal nome ‘Banchetti composizione di vivande e apparecchio generale’.
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Frittelle veneziane nella pittura.
La frittella è un dolce la cui presenza ricorre abbastanza spesso nella pittura, sia italiana che straniera. Basti ricordare, ad esempio:
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Vini ‘Malvasia’ per le frittelle veneziane.
Nella città di Venezia, così come nel resto d’Europa, a partire dal Medioevo e per molti secoli a venire, la ‘Malvasia’ o, sarebbe meglio dire, le ‘Malvasie’, vennero considerate tra i vini più pregiati (*1).
Continua L’uso del plurale ha una specifica motivazione: occorre infatti sottolineare che con questo nome, allora come oggi, si era soliti indicare il frutto non di una, ma di molteplici tipologie di vitigno, accumunate dal fatto di essere originarie delle terre che si affacciavano sul Mediterraneo orientale (*2). Ben presto il termine divenne sinonimo di vini dolci ed aromatici (*3).
Dotati di buona acidità, questi vini erano, e sono tuttora, la scelta giusta per accompagnare specialità come le ‘fritole’ e i galani.
Note:
*1: I nobili veneziani erano soliti degustare questi vini in rivendite che, non a caso, erano anch’esse chiamate ‘malvasie’: vere e proprie antenate delle attuali enoteche.
*2: Molto probabilmente il nome ‘Malvasia’ deriva da quello di Monemvasia, città greca del Peloponneso, situata su un’isola per lungo tempo roccaforte della Serenissima.
*3: Non tutti i tipi di malvasia erano dolci: ne esisteva infatti almeno una tipologia più secca, definita al tempo con l’appellativo ‘garba’.


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img-02 (*) – ‘Opera di Bartolomeo Scappi …’, B.Scappi, XVII sec. (Wikipedia Link) {PD-Art} {PD-US}
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img-07 (*) – ‘Il Bucintoro attraccato nel giorno dell’Ascensione’, Canaletto, 1740 (Wikipedia Link) {PD-Art} {PD-US}
img-08 (*) – ‘Patrizio Torlonia’ (Catone), 1890-1910 (Wikipedia Link) {PD-US}
img-09 (*) – Mulino dello zucchero, XVIII sec. (Wikipedia Link) {PD-Art} {PD-US}
img-10 (*) – Carlo Goldoni, ritratto, 1750 (Wikipedia Link) {PD-Art} {PD-US}
img-11 (*) – Cucina nell’Italia del Rinascimento, XVI sec. (Wikipedia Link) {PD-Art} {PD-US}

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